L’incidenza della patologia è più alta rispetto a quella riportata in precedenza: il motivo è il maggiore rilevamento di pazienti con la forma a insorgenza tardiva
Philadelphia (USA) – Un nuovo tassello a supporto dello screening neonatale per la malattia di Pompe è appena giunto dalla Pennsylvania, dove questo programma di medicina preventiva è stato avviato nel febbraio 2016. Lo screening, infatti, si è dimostrato in grado di rilevare non solo le forme a esordio infantile, ma anche quelle a insorgenza tardiva.
La malattia di Pompe è un difetto congenito del metabolismo, a trasmissione autosomica recessiva, causato da mutazioni nel gene dell’alfa-glucosidasi acida (GAA). Questa mutazione genetica determina una carente attività dell’enzima GAA: a causa di ciò, il glicogeno non può essere metabolizzato nei lisosomi e si accumula danneggiando le cellule di tutto il corpo, in particolare quelle muscolari. I cambiamenti patologici nei muscoli, di solito, iniziano molto prima che i pazienti presentino i sintomi. La terapia enzimatica sostitutiva (ERT) è disponibile dal 2006 per tutte le forme di malattia di Pompe, e ha cambiato radicalmente la prognosi dei pazienti, migliorando i sintomi cardiaci e scheletrici e rallentando la progressione della patologia.
I pazienti con malattia di Pompe a esordio infantile (IOPD) intorno ai 2 mesi di età presentano cardiomiopatia ipertrofica (in alcuni casi già in utero), ipotonia, macroglossia, difficoltà di alimentazione e ritardo di crescita. La IOPD è rapidamente progressiva e, se non viene trattata, i pazienti muoiono di solito nel corso del primo anno di vita. Nella forma a insorgenza tardiva (LOPD), invece, i sintomi – debolezza muscolare prossimale, anomalie dell’andatura, insufficienza respiratoria, scarso aumento di peso e difficoltà a deglutire – si presentano più tardi nel corso della vita. Gli individui con LOPD generalmente non sviluppano una cardiomiopatia ipertrofica, ma alcuni sperimentano delle aritmie.
Lo Stato della Pennsylvania – come rivela un articolo pubblicato sull’International Journal of Neonatal Screening – tra il febbraio 2016 e il dicembre 2019 ha sottoposto al test per la malattia di Pompe 531.139 neonati. Il metodo utilizzato è stato la misurazione dell’enzima alfa-glucosidasi mediante spettrometria di massa tandem a iniezione di flusso, e in tutti i neonati con bassa attività enzimatica è stato poi eseguito il sequenziamento completo del gene GAA come test di secondo livello. In totale, 115 neonati presentavano sia una bassa attività enzimatica che test genetici anomali, e sono stati perciò indirizzati a centri metabolici.
A due neonati è stata diagnosticata la forma a esordio infantile (IOPD), mentre 31 di loro avevano la forma a insorgenza tardiva (LOPD): l’incidenza totale delle due forme è stata quindi di un caso su 16.095. Trenta pazienti erano eterozigoti composti per una mutazione patogena e una variante di significato sconosciuto o per due mutazioni di significato sconosciuto, e la loro condizione è stata definita come “sospetta LOPD”. L’incidenza di IOPD + LOPD + sospetta LOPD è risultata così di un caso su 8.431. Sono stati trovati anche 35 portatori, 15 portatori di pseudodeficienza e 2 neonati falsi positivi.
“L’esperienza della Pennsylvania mostra che l’incidenza complessiva dei casi di malattia di Pompe è aumentata, dopo l’inizio dello screening neonatale, rispetto a quella riportata in precedenza, a causa del maggior numero di casi di LOPD rilevati dallo screening”, spiegano gli autori dello studio. “Lo screening è stato quindi in grado di rilevare i casi sospetti di LOPD, alcuni dei quali potrebbero non sviluppare mai dei sintomi. La genotipizzazione come test di secondo livello è stata essenziale per ottenere la diagnosi finale: questa tempestiva diagnosi molecolare ha facilitato una chiara comunicazione dei risultati alla prima visita clinica e ha ridotto l’ansia dei genitori. Infine, i casi di falsi positivi e di pseudodeficienza si sono verificati a tassi molto inferiori rispetto a quelli precedentemente riportati in altri Stati”, proseguono i ricercatori.
“Un attento monitoraggio e la raccolta dei dati di tutti i pazienti rilevati tramite lo screening neonatale sono essenziali per valutare i risultati a lungo termine e il successo dello screening per la malattia di Pompe. Dovrebbero essere creati e finanziati dei registri di screening – concludono gli autori – per consentire una maggiore raccolta di dati, che consentirà di identificare e comprendere la natura benigna o patogena delle varianti di significato sconosciuto nei casi definiti come sospetta LOPD”.