La politica, per scegliere quali malattie rare è opportuno testare con lo screening neonatale, si affida alla comunità scientifica. Essa però spesso non include nelle proprie raccomandazioni una serie di informazioni vitali. È l’allarme lanciato da un team di ricercatori inglesi. “Nello screening neonatale una piccola quantità di sangue viene prelevata dal tallone del neonato, e poi testata per una serie di malattie rare”, ha spiegato la prof.ssa Sian Taylor-Phillips.
“Alcuni Paesi esaminano solo 5 malattie e altri fino a 50. Tuttavia, sarebbe meglio non testare alcune malattie, ad esempio se il test è impreciso, perché avrebbe l’effetto di far pensare ai genitori che il loro bambino abbia una malattia grave, mentre in realtà non ce l’ha”.
I ricercatori inglesi hanno riscontrato che molte raccomandazioni nazionali non valutano le prove sui principali benefici e rischi dello screening neonatale.
Le prove sull’accuratezza del test, ad esempio, nel 42% delle raccomandazioni non sono state prese in considerazione, quelle sui benefici per la salute con il rilevamento precoce non sono state messe in conto nel 30% dei casi, e i potenziali danni della sovradiagnosi sono stati ignorati nel 76% dei documenti.
Gli studiosi hanno anche riscontrato che quando per riunire le prove viene utilizzata una revisione sistematica, i Paesi hanno meno probabilità di raccomandare lo screening per una malattia.
“Per assicurarsi che i programmi di screening producano più benefici che danni, dovremmo revisionare sistematicamente le evidenze della ricerca, e questo in molti Paesi non è accaduto”.
“Dovremmo mettere in comune le risorse a livello internazionale – prosegue la prof.ssa Taylor-Phillips – per intraprendere revisioni sistematiche e riassumere le evidenze su quali sono le malattie rare per cui è opportuno monitorare i neonati. In seguito, ogni Paese potrebbe interpretare queste revisioni alla luce della locale prevalenza della malattia, dei sistemi sanitari e delle risorse”.
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