Negli USA, questo è il tempo stimato per essere pronti a diagnosticare la malattia di Pompe, la MPS I, l’adrenoleucodistrofia e la SMA
Littleton (USA) – Implementare un programma di screening neonatale per una nuova malattia non è certamente un compito semplice per uno Stato. Ma quanto tempo può essere necessario affinché tutto il meccanismo possa funzionare perfettamente? L’ha calcolato un team di ricercatori statunitensi, che ha poi pubblicato i risultati dello studio sulla rivista International Journal of Neonatal Screening.
Lo screening neonatale ha svolto e continua a svolgere un ruolo essenziale nell’identificazione dei bambini con specifiche malattie genetiche asintomatiche alla nascita, e permette loro di ricevere un intervento medico tempestivo. Negli Stati Uniti, il Recommended Uniform Screening Panel (RUSP) elenca le condizioni che hanno superato una revisione scientifica e sono quindi raccomandate per lo screening universale.
Inizialmente il RUSP comprendeva 29 condizioni fondamentali e si è poi espanso fino a includere l’immunodeficienza combinata grave (SCID) nel 2009, la cardiopatia cianotica congenita critica nel 2010, la malattia di Pompe nel 2013, la mucopolisaccaridosi di tipo I e l’adrenoleucodistrofia legata all’X nel 2015 e infine l’atrofia muscolare spinale (SMA) nel 2018. Oggi sono quindi 35 le condizioni fondamentali e 26 quelle secondarie elencate nel RUSP: la prossima ad entrare nella lista, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere la distrofia muscolare di Duchenne.
Per capire quale sarà il periodo di tempo necessario a completare le attività che condurranno allo screening di una nuova condizione esiste uno strumento, il Readiness Tool. Creato nell’ottobre 2016, è suddiviso in quattro fasi: l’autorizzazione per lo screening e per il suo finanziamento, la preparazione del programma (laboratorio, follow-up e information technology), la formazione e infine la piena attuazione in tutto lo Stato; ogni fase comporta fra le 3 e le 33 attività.
I ricercatori hanno raccolto queste informazioni per capire quali fossero i fattori decisivi per rendere pronto un programma di screening, e come questi fattori influissero sul tempo impiegato dagli Stati a realizzare i loro obiettivi. Perciò il team ha analizzato i dati di 39 programmi di screening neonatale destinati a rilevare quattro patologie rare: la malattia di Pompe, la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), l’adrenoleucodistrofia (ALD) e l’atrofia muscolare spinale (SMA).
Negli USA, diciassette Stati (il 43,6%) hanno raggiunto l’implementazione a livello statale per almeno una di queste malattie, e hanno riferito che ci sono voluti 20 mesi per la SMA, 28 mesi per la malattia di Pompe e la MPS I, e 30,5 mesi per l’ALD. Utilizzando un metodo statistico per tenere conto degli Stati con un processo di implementazione ancora in corso, gli studiosi hanno previsto che il tempo medio aumenta a 66 mesi (5,5 anni) per la MPS I e a 75 mesi (6,25 anni) per la malattia di Pompe. Se si considera il tempo necessario ad ogni componente per essere pronto, quello relativo al laboratorio è risultato uno dei processi più lunghi: richiede circa 39 mesi (3,25 anni). La collaborazione con altri programmi di screening neonatale e l’assunzione di personale sono stati gli elementi facilitatori menzionati più frequentemente, mentre l’incapacità di assumere personale di laboratorio e di follow-up è stata la barriera segnalata più spesso.
“Sulla base dei nostri risultati, potrebbero essere necessari dai cinque ai sei anni per implementare lo screening a livello statale per la malattia di Pompe, la MPS I, l’ALD e la SMA. Come è evidente da questa analisi, gli Stati stanno lavorando contemporaneamente alle diverse fasi di preparazione. Tuttavia, vi sono molte variazioni dovute alle differenze nel processo di approvazione statale, alla capacità di ottenere le attrezzature e il personale dedicato e alla disponibilità delle risorse necessarie per aggiungere la condizione ai pannelli statali. La capacità di essere pronti allo screening può anche essere ostacolata dal numero di nuove malattie aggiunte al RUSP”, hanno sottolineato i ricercatori statunitensi.
“Tutte queste potenziali barriere possono rendere difficile, per gli Stati, stimare di quanto tempo avranno bisogno per implementare lo screening, il che include l’essere pronti al follow-up e alla formazione. La ricerca futura potrebbe voler esaminare se c’è un punto critico in ogni fase che influisce sul tempo necessario per l’implementazione dei test a livello statale, e dovrebbe anche analizzare l’impatto dello screening neonatale sulla prognosi a lungo termine dei bambini diagnosticati tramite questo metodo”, hanno concluso gli studiosi. “I risultati di questo progetto possono dare inizio a una discussione più ampia su quale supporto potrebbe essere più vantaggioso per i programmi che nelle loro comunità intendono espandere il numero di disturbi sottoposti a screening”.