Troppe le differenze fra gli Stati europei, sia negli algoritmi che nei valori limite adottati per rilevare la patologia. Gli ultimi studi sono stati discussi nel corso del Meeting mondiale che si è svolto a Roma
Roma – L’omocistinuria e i difetti della rimetilazione sono un gruppo di rare malattie del metabolismo degli aminoacidi che, con l’introduzione della legge n. 167 del 2016, sono entrate a far parte del pannello dello screening neonatale esteso, che permette di identificare questi disturbi nei primi giorni di vita del neonato.
Si tratta di patologie gravi e complesse, multisistemiche e clinicamente eterogenee, dominate da ritardo nella crescita e disturbi neurologici e oculari. I ricercatori non smettono di indagare su queste condizioni: recentemente i maggiori esperti al mondo hanno avuto l’occasione di confrontarsi sulle ultime scoperte nel corso del terzo Meeting internazionale sulle omocistinurie, che si è svolto a Roma il 28 febbraio (Giornata delle malattie rare) e il 1 marzo scorsi.
Un incontro fra medici e pazienti, organizzato dal team del progetto E-HOD (European Network and Registry for Homocystinurias and Methylation Defects) in collaborazione con le associazioni italiane, australiana e americana. A fare da padrone di casa è stato il dr. Carlo Dionisi Vici, direttore della U.O.C. di Patologia Metabolica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che – come molti degli esperti presenti al meeting – è autore di due studi recentemente pubblicati sul Journal of Inherited Metabolic Disease.
Il primo lavoro ha esaminato trentadue programmi di screening neonatale in uso nel 2016 in 18 Paesi (tutti europei a parte gli Stati Uniti e il Qatar), rivelando che ventidue di questi includono nel pannello almeno una forma di omocistinuria. I centri coinvolti hanno fornito i dati, resi anonimi, di 19 pazienti con queste patologie.
I programmi di screening delle diverse nazioni variavano considerevolmente, sia per gli algoritmi utilizzati che per i valori limite, minimi e massimi, adottati per rilevare la patologia. Solo nove centri utilizzavano l’omocisteina totale come second-tier marker, marcatore di secondo livello. I second-tier test, o test di ripetizione, vengono effettuati sullo stesso campione di sangue, per misurare analiti più specifici per la condizione oggetto dello screening.
Dato che i pazienti trattati precocemente hanno una prognosi più favorevole, gli esperti raccomandano lo screening neonatale per le omocistinurie, ma offrono anche qualche consiglio per migliorarlo. I valori limite – scrivono – dovrebbero essere rivisti considerando la media nella popolazione di riferimento locale. I marcatori rilevanti, inoltre, dovrebbero essere combinati: ad esempio con l’uso degli strumenti postanalitici offerti dal progetto CLIR (Collaborative Laboratory Integrated Reports), che considerano anche altre variabili come il peso alla nascita e l’età gestazionale. L’omocisteina totale e l’acido metilmalonico, infine, dovrebbero essere implementati come marcatori di secondo livello per consentire valori limite più sensibili, maggiore specificità e costi minori.
Il secondo studio aveva l’obiettivo di esplorare la presentazione clinica, il decorso e l’impatto del trattamento precoce nei pazienti con difetti della rimetilazione. Questa revisione ha riguardato 238 pazienti provenienti da 47 centri: i dati analizzati retrospettivamente, anche in questo lavoro, sono stati quelli contenuti nel registro internazionale E-HOD. In 181 pazienti diagnosticati su base clinica, l’età media alla presentazione è stata di 30 giorni (con un ampio range che variava fra 1 giorno e 42 anni), mentre l’età media alla diagnosi è stata di 3,7 mesi (con un altrettanto elevato range, da 3 giorni a 56 anni).
Il 75% dei pazienti con diagnosi preclinica – da screening neonatale o da screening familiare – di difetto di cobalamina C mostrava una marcata riduzione delle complicanze maggiori osservate nel gruppo diagnosticato su base clinica, fra le quali la malattia tromboembolica e renale, l’idrocefalo e le forme più severe di compromissione neurologica e psichiatrica. La diagnosi mediante screening neonatale o familiare aveva invece un minore impatto sul disturbo oculare e sullo sviluppo di una moderata disabilità cognitiva.
Dallo studio è emerso inoltre che i marcatori di malattia più frequentemente utilizzati sono stati l’omocisteina totale, gli aminoacidi e l’acido metilmalonico urinario; i test per la conferma della diagnosi consistevano principalmente in studi di genetica molecolare. L’ampia variazione delle modalità terapeutiche ha ostacolato una loro specifica valutazione, ma – hanno concluso i medici – il trattamento migliora il decorso clinico dei difetti della rimetilazione e, in particolare se iniziato precocemente, riduce la morbilità. Tuttavia, il trattamento non è altrettanto efficace nel prevenire la malattia oculare e il deterioramento cognitivo, che sono risultati meno responsivi.