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Malattie lisosomiali: perché non sono ancora state inserite nel pannello dello SNE?

Malattie lisosomiali: perché non sono ancora state inserite nel pannello dello SNE?

L’appello delle associazioni AIAF e AIG al ministro della Salute Roberto Speranza

Verona – Le associazioni AIAF e AIG, che supportano i pazienti con malattia di Anderson-Fabry e di Gaucher, con una lettera inviata al Ministro della Salute Roberto Speranza chiedono chiarimenti circa i ritardi dell’inserimento delle malattie lisosomiali nello screening neonatale esteso (SNE).

“Abbiamo appreso con gioia che si sta concludendo il percorso che porterà all’inclusione dell’atrofia muscolare spinale (SMA) nel pannello dello SNE. Una gioia offuscata però dagli incomprensibili ritardi che l’inserimento di altre patologie genetiche rare, tra cui le lisosomiali, sta subendo, nonostante la Legge di bilancio 2019 (art. 1 comma 554) che ha modificato la Legge 167/2016, estendendo lo screening neonatale alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale”, scrivono le associazioni, impegnate ormai da anni in iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni per l’inserimento nel panel di queste malattie.

AIAF e AIG hanno recentemente collaborato, insieme a oltre 40 esperti (tra clinici e associazioni), alla stesura del “Quaderno SNE, realizzato insieme all’Osservatorio Malattie Rare con l’obiettivo di fornire al Ministero della Salute, alle istituzioni e al Gruppo di Lavoro per lo SNE (nominato nel novembre 2020) uno strumento che potesse agevolarne il lavoro, per giungere all’aggiornamento del panel nel più breve tempo possibile.

“Purtroppo, a fronte del nostro costante impegno, ad oggi riscontriamo ben pochi risultati. Eppure sono molti gli elementi a favore dell’estensione dello SNE alle malattie lisosomiali: si tratta di patologie altrimenti difficilmente riconoscibili; la diagnosi purtroppo arriva spesso quando è ormai troppo tardi, e il loro decorso comporta conseguenze molto gravi anche in tempi brevi. Inoltre, per queste malattie esistono terapie efficaci ed è possibile un test di screening affidabile e a basso costo”, scrivono Stefania Tobaldini, presidente di AIAF Onlus, e Fernanda Torquati, presidente di AIG Onlus.

“Da anni si parla di screening neonatale per le malattie da accumulo lisosomiale e molto si è detto sulla sua efficacia nel garantire una migliore qualità di vita ai pazienti. La possibilità di iniziare tempestivamente il trattamento terapeutico grazie alla diagnosi precoce, permette di ridurre o addirittura eliminare gli effetti di queste patologie, che nel loro sviluppo portano a danni permanenti e irreversibili al sistema nervoso, disabilità intellettive, fisiche e dello sviluppo, e in alcuni casi alla morte o a un’importante riduzione dell’aspettativa di vita. La diagnosi tardiva, in alcune di queste patologie, si misura spesso in lustri, se non in decine di anni, e questo ha costi altissimi. Da non dimenticare poi il costo sociale e sanitario collegato all’odissea diagnostica di un paziente che (senza lo screening neonatale) non riesce a trovare una diagnosi”, prosegue la lettera.

Questi elementi hanno spinto alcune Regioni italiane ad avviare progetti pilota che hanno comportato l’inserimento di queste patologie nelle malattie soggette a screening obbligatorio alla nascita, proponendo però un’inaccettabile disparità a livello nazionale. Nel Nord-Est sono stati sottoposti a screening 44.411 bambini nati tra il 2015 e il 2017 con un progetto, primo in Europa, che mirava a identificare precocemente la malattia di Anderson-Fabry, quella di Gaucher, quella di Pompe e la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I). Un ulteriore progetto pilota delle Regioni Toscana e Umbria ha permesso di sottoporre a test di screening neonatale per la malattia di Fabry 61.000 neonati, rilevando un numero di casi della malattia più alto del previsto, che potrebbe suggerire una sottodiagnosi di questo tipo di patologie sul nostro territorio nazionale.

Tutti questi dati suggeriscono che non esistono motivi validi per i quali le patologie lisosomiali non vengano inserite nel programma nazionale di screening neonatale. Le evidenze scientifiche, l’urgenza di dare una possibile risposta di cura a tutti i neonati che nasceranno, la necessità di evitare disparità di trattamento fra una Regione ed un’altra e, infine, la possibilità di migliorare i percorsi di cura e incrementare la ricerca come ricaduta naturale dell’aumento dei bambini identificati, chiamano ora più che mai la politica alle sue responsabilità.

“Ci auguriamo pertanto di ricevere presto una risposta: ogni giorno trascorso senza lo screening neonatale per queste malattie significa sofferenza e disperazione in moltissime famiglie italiane, che non potranno ricevere una diagnosi tempestiva per i propri figli e si troveranno ad affrontare dapprima un’odissea diagnostica che si protrarrà per anni e a subire le conseguenze drammatiche e irreversibili di una diagnosi tardiva”, concludono AIAF e AIG. “Ci appelliamo a voi, affinché si possa evitare tutto questo e sia possibile per le famiglie ottenere una diagnosi alla nascita e di conseguenza un’adeguata presa in carico e cure tempestive che permettano una migliore qualità e aspettativa di vita”.

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