Il 95% dei bambini morti a causa di malattie congenite proviene da Paesi a medio e basso reddito, dove solo un neonato su tre riceve un qualsiasi tipo di screening organizzato
Santa Fe (U.S.A.) – La fondazione americana March of Dimes, fondata dal Presidente Roosevelt nel 1938 per combattere la poliomielite, nel 2006 pubblicò un rapporto sul peso globale delle malattie congenite (quei disordini presenti fin dalla nascita), rilevando che ogni anno circa 8 milioni di bambini (il 6% delle nascite in tutto il mondo) vengono alla luce con una grave malattia congenita di origine genetica o acquisita (Christianson et al., 2006).
Tra le cinque malattie più comuni, che contribuiscono al 25% di questo onere globale, ci sono, al primo posto, i difetti cardiaci congeniti; al terzo i disturbi dell’emoglobina, la talassemia e l’anemia falciforme; e al quinto il deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PD), noto come favismo:
tutte queste condizioni possono essere diagnosticate e gestite attraverso lo screening neonatale.
A rivelarlo è un recente studio internazionale (Stati Uniti, Brasile, Finlandia, Cina e Filippine) pubblicato sulla rivista Molecular Genetics and Metabolism. Centinaia di migliaia di neonati sono colpiti ogni anno da gravi disordini congeniti di origine post-concepimento, a causa dell’esposizione materna a sostanze come l’alcol o a malattie come la rosolia e la sifilide, con conseguenti condizioni come la perdita dell’udito e alcuni difetti cardiaci, identificabili anch’esse dallo screening neonatale e gestite con successo.
Oltre alla loro alta prevalenza alla nascita, i disturbi congeniti sono una causa significativa di mortalità infantile e disabilità permanente per coloro che sopravvivono.
Dei 2,7 milioni di neonati che muoiono ogni anno, più di 1 su 10 muore per un disturbo congenito.
Nel complesso, si stima che vi siano 484.000 decessi dovuti a disordini congeniti tra i bambini di età inferiore ai 5 anni (Liu et al, 2015). Tuttavia, una recente dichiarazione di consenso sulla prevenzione dei disturbi congeniti e sulla cura dei bambini affetti ha rilevato che questo numero è probabilmente una sottostima grossolana, perché molte morti sono dovute a disturbi congeniti che potrebbero essere rilevati dallo screening neonatale, e quindi trattati come difetti cardiaci e malattie metaboliche, e che invece non vengono identificati. (Darmstadt et al, 2016).
Il rapporto di March of Dimes, le cui conclusioni e raccomandazioni sono state approvate nello stesso anno da un gruppo di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha inoltre rilevato che è possibile prevenire fino al 70% delle malattie congenite, o altrimenti offrire ai bambini colpiti delle cure salvavita per ridurre il peso della disabilità (March of Dimes, OMS, 2006). È proprio in queste categorie che il vero potenziale dello screening neonatale può e deve essere realizzato.
Garantire che tutti i bambini, indipendentemente da dove siano nati, abbiano uguale accesso a uno screening neonatale ampio e di qualità è una sfida, in particolare considerando gli alti tassi di malattie congenite nei paesi a medio e basso reddito, nei quali nasce oltre il 94% dei neonati affetti e avviene il 95% delle morti di questi bambini.
Una constatazione così grave da suscitare la risposta dell’OMS, che nel 2010 ha approvato la 63ª Risoluzione dell’Assemblea Mondiale della Sanità: il documento chiedeva agli Stati Membri delle Nazioni Unite di sviluppare piani nazionali per l’attuazione di interventi efficaci, tra cui lo screening neonatale, per prevenire e gestire le malattie congenite (OMS, 2010). Tuttavia, questo invito all’azione è stato in gran parte ignorato nei paesi a medio e basso reddito, dove nel 2014 solo circa un terzo dei bambini in tutto il mondo riceveva un qualsiasi tipo di screening organizzato (Therrell et al. 2015). Il divario maggiore è nell’Africa subsahariana, ma anche la copertura nell’Asia meridionale è limitata, dato che l’India, con i suoi 27 milioni di nascite l’anno, rimane in gran parte scoperta, tranne in alcuni ambienti privati.
Tuttavia, ci sono alcune aree di attività in America Latina, Africa subsahariana, Asia meridionale e regione dell’Asia-Pacifico, inclusa la Cina, dove le partnership tra governi, mondo accademico, organizzazioni non governative, settore privato, uffici regionali dell’OMS e società civile stanno sviluppando nuovi programmi di screening neonatale che stanno salvando molte vite e prevenendo la disabilità in coloro che sopravvivono.