Uno studio su Molecular Genetics and Metabolism analizza i dati raccolti durante il primo anno di screening neonatale in Campania per le malattie da accumulo lisosomiale
La Regione Campania ha avviato un progetto pilota di screening neonatale per le malattie da accumulo lisosomiale (LSD, Lysosomal Storage Disorders), un gruppo di patologie genetiche rare caratterizzate dal malfunzionamento degli enzimi lisosomiali. Tra le malattie coinvolte nello studio figurano la malattia di Pompe, la malattia di Fabry e la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), tutte condizioni che, se non diagnosticate e trattate precocemente, possono portare a gravi conseguenze per la salute dei pazienti.
I risultati del primo anno di screening, condotto tra gennaio e dicembre 2023, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Molecular Genetics and Metabolismb, fornendo un’analisi dettagliata sull’impatto del programma e sulla sua capacità di individuare precocemente queste patologie.
I DATI DELLO SCREENING
Secondo lo studio, lo screening ha coinvolto un campione di 44.567 neonati nati in Campania. L’analisi biochimica è stata effettuata su campioni di sangue prelevati tramite il test del tallone, con successiva conferma diagnostica nei casi sospetti mediante test enzimatici e genetici.
Dai dati raccolti, è emerso che 72 neonati sono risultati positivi ai test iniziali, dei quali 15 hanno ricevuto una diagnosi confermata di malattia da accumulo lisosomiale. In particolare, sono stati identificati 6 casi di malattia di Pompe, 5 di malattia di Fabry e 4 di mucopolisaccaridosi di tipo I. L’incidenza stimata delle malattie riscontrate è risultata pari a 1 su 7.428 per la malattia di Pompe, 1 su 8.913 per la malattia di Fabry e 1 su 11.142 per la mucopolisaccaridosi di tipo I.
L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE
Uno degli aspetti chiave evidenziati dallo studio è il beneficio della diagnosi precoce. Le malattie da accumulo lisosomiale sono progressive e, senza trattamento, possono determinare danni irreversibili a organi e tessuti. La possibilità di identificare i pazienti nei primi giorni di vita consente di avviare tempestivamente terapie sostitutive enzimatiche o altri interventi mirati.
Gli autori della ricerca sottolineano come il progetto pilota campano rappresenti un modello utile per valutare l’integrazione dello screening neonatale per le LSD nei programmi di salute pubblica a livello nazionale. Il confronto con altri programmi internazionali, come quelli già attivi negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, suggerisce che l’inclusione di queste malattie negli screening sistematici possa essere una strategia efficace per la gestione delle patologie rare.
SFIDE E PROSPETTIVE FUTURE
L’implementazione di uno screening su larga scala presenta diverse sfide, che lo studio pubblicato su Molecular Genetics and Metabolism ha evidenziato. Tra queste, vi sono aspetti logistici e organizzativi, la necessità di un’adeguata formazione del personale sanitario e la gestione dei risultati positivi incerti, che richiedono ulteriori approfondimenti diagnostici.
Un altro tema cruciale riguarda gli aspetti etici e la comunicazione con le famiglie. L’identificazione di una condizione genetica nei primi giorni di vita di un neonato può generare preoccupazioni nei genitori, rendendo essenziale un supporto adeguato da parte di specialisti e consulenti genetici.
I ricercatori coinvolti nello studio sottolineano la necessità di un monitoraggio continuo dell’efficacia del programma e dell’impatto sulle famiglie coinvolte. L’evoluzione delle tecnologie di screening e l’eventuale ampliamento del pannello delle malattie testate potrebbero migliorare ulteriormente l’accuratezza diagnostica e i benefici per la popolazione.