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La storia del piccolo Jack: cosa significa vivere con un difetto del ciclo dell’urea

La storia del piccolo Jack: cosa significa vivere con un difetto del ciclo dell’urea

Appena nato, il bambino è rimasto in coma per due settimane. Oggi ha otto anni e con una dieta particolare riesce a tenere sotto controllo la malattia

Alison e Karl Tilling sono due genitori del Sudafrica che hanno accettato di condividere la storia del loro figlio Jack per aumentare la consapevolezza del valore dello screening neonatale per patologie metaboliche come i difetti del ciclo dell’urea. La vicenda è stata raccontata sul sito della Parent’s Guide to Cord Blood Foundation.

“Mio figlio Jack Christian Tilling è nato il 15 giugno del 2014. Alla nascita era sano, ma tre giorni dopo tutto è cambiato”, racconta la mamma. “Dopo essere stato allattato al seno, ha vomitato a getto e da allora in poi ha mostrato segni di letargia. Anche il suo respiro era affannoso. Dissi all’infermiera che qualcosa non andava, che non riusciva ad alimentarsi ed era estremamente stanco. Rispose che non dovevo preoccuparmene e che magari era stato nutrito troppo ed era stanco, ma io non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcosa non andasse. Nelle prime ore del mattino fui svegliata dall’infermiera: disse che il mio bambino era gravemente malato e che dovevo recarmi subito al nido dell’ospedale. Al mio arrivo ho trovato uno spettacolo a cui nessun genitore dovrebbe mai essere testimone: il dottore stava pompando aria nei polmoni di mio figlio, perché non era in grado di respirare da solo. Disse di aver aiutato Jack a respirare nell’ultima mezz’ora e che non si sarebbe fermato. Spiegò che doveva essere trasferito in un ospedale con un’unità di neonatologia, e lì rimase in coma per le due settimane successive”.

“Jack ebbe delle gravi convulsioni che durarono per tutto il giorno, nelle sue urine furono trovate elevate quantità di chetoni e il suo livello di ammoniaca nel sangue era superiore a 400”, prosegue Alison. “La sua prognosi per la sopravvivenza non era buona e le probabilità che avesse subito danni cerebrali erano alte. Io e mio marito eravamo spaventati, tristi e sconvolti. Come era potuto succedere? Era dovuto a qualcosa che avevo fatto durante la gravidanza? I medici facevano pochi progressi per scoprire cosa stesse causando le convulsioni e perché un neonato fosse in coma, ma poi le cose hanno iniziato a cambiare. Una settimana prima del ricovero di Jack, il suo neonatologo, il dr. Ricky Dippenaar, aveva letto di alcune malattie metaboliche che nei bambini consentono ai prodotti di scarto di accumularsi nel corpo. I sintomi di questi disturbi possono includere difficoltà respiratorie, scarso appetito, vomito e letargia e, in alcuni casi, i sintomi possono progredire fino alla perdita di coscienza e al coma. Avendo riconosciuto questi sintomi in Jack, il dr. Dippenaar avviò un protocollo di trattamento per ridurre le scorie metaboliche nel sangue. Il bambino mostrò immediati segni di miglioramento e riprese conoscenza; una successiva risonanza magnetica evidenziò che fortunatamente non aveva subito danni neurologici”.

Passarono due anni dopo quella tragica notte in ospedale e la famiglia di Jack non aveva ancora una diagnosi conclusiva. I medici scoprirono che la quantità di proteine nella dieta del bambino doveva essere gestita con attenzione, ma non era chiaro quale fosse il disturbo metabolico responsabile. Nella loro ricerca di una diagnosi, i genitori lo fecero visitare da diversi specialisti in Sudafrica e si consultarono anche con genetisti di altri Paesi. Da questa discussione tra esperti emerse il sospetto che Jack avesse un difetto del ciclo dell’urea. I suoi campioni di sangue e urina e quelli del DNA dei genitori furono inviati alla Johns Hopkins University, negli Stati Uniti, e finalmente, dopo due anni e mezzo, la famiglia apprese che Jack aveva un difetto del ciclo dell’urea chiamato deficit di carbamil-fosfato sintasi I (CPS1).

Questa malattia metabolica ereditaria provoca l’accumulo di ammoniaca nel sangue: questa sostanza, che si forma quando le proteine vengono scomposte nel corpo, è tossica se i suoi livelli diventano troppo alti. Il cervello è particolarmente sensibile agli effetti dell’ammoniaca in eccesso. I neonati affetti da CPS1 possono essere insolitamente assonnati, non disposti a nutrirsi, e possono vomitare dopo l’allattamento. I difetti del ciclo dell’urea non diagnosticati potrebbero essere responsabili di alcuni casi di sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS), in cui i neonati muoiono inaspettatamente nel sonno senza causa apparente.

Attraverso lo screening neonatale è possibile rilevare i difetti del ciclo dell’urea in vari modi. Un test genetico completo potrebbe trovare i geni difettosi; un semplice esame del sangue potrebbe individuare livelli elevati di ammoniaca e quindi fare la differenza tra la vita o la morte; determinati enzimi che vengono testati nel pannello di screening neonatale, infine, potrebbero essere anomali e indurre il pediatra del bambino a richiedere ulteriori test e monitoraggi.

Se i difetti del ciclo dell’urea non vengono rilevati precocemente possono causare danni cerebrali e ritardi nello sviluppo. I bambini che sopravvivono al periodo neonatale possono manifestare una recidiva dei sintomi se la loro dieta non è gestita con attenzione o se presentano infezioni o altri fattori di stress. In alcune persone con deficit di CPS1, i segni e i sintomi possono essere meno gravi e comparire più tardi nella vita.

Oggi Jack è un turbolento bambino di otto anni che vive ogni giorno al meglio. Segue suo fratello maggiore Ross e cerca di fare tutto ciò che fa lui. “A volte per i nostri familiari è difficile capire il modo in cui lo stiamo crescendo. Si aspettano che sia costantemente al riparo, avvolto nella bambagia, lontano dai mali del mondo. Io gli rispondo che sarebbe una terribile ingiustizia per i miei figli limitare il loro potenziale a causa delle nostre paure. Sono stati messi sulla Terra per uno scopo, e il mio compito come madre è assicurarmi che lo trovino e che vivano la loro vita al massimo”.

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