In base all’ultimo rapporto sull’attuazione della normativa, la Regione non ha inviato le informazioni richieste all’Istituto Superiore di Sanità
Roma – Quindici laboratori di screening neonatale attivi in tredici Regioni: in Veneto e in Sicilia ce ne sono due, e dove queste strutture non sono presenti sono stati firmati degli accordi di collaborazione interregionali. Questa la fotografia scattata dal terzo Rapporto ISTISAN 20/18 – Programmi di Screening Neonatale Esteso nelle Regioni e Province Autonome in Italia, appena pubblicato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità. Il report, elaborato dal Centro di Coordinamento sugli Screening Neonatali in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, mette in luce i punti di forza e le aree di miglioramento dei singoli sistemi, e include inoltre diverse raccomandazioni per una coerente e uniforme attuazione della normativa sul territorio nazionale, nello specifico la legge 167 del 2016 e il decreto ministeriale del 13 ottobre 2016.
CALABRIA NON PERVENUTA
Il Rapporto ritrae lo stato dell’arte al 30 giugno 2019. A questa data, il test di primo livello capace di rilevare 49 malattie metaboliche era assicurato in tutta Italia, con un’unica eccezione: la Calabria. Questa Regione, infatti, non ha risposto al questionario con le informazioni richieste dall’ISS. Il 3 dicembre 2019 è stato approvato un protocollo d’intesa tra la Regione Campania (il CEINGE Biotecnologie Avanzate) e la Regione Calabria (l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Mater Domini di Catanzaro), finalizzato alla realizzazione dello screening neonatale esteso (SNE) per tutti i nuovi nati in Calabria. Questo fa sì che, a distanza di tre anni dalla legge 167 del 2016, i programmi SNE risultassero avviati in tutte le Regioni, anche se, per quanto riguarda la Calabria, l’ISS non ne ha potuto verificare l’effettiva attuazione.
INFORMATIVA E CONSENSO
La prima parte del questionario riguardava il momento in cui l’informativa relativa allo screening neonatale esteso viene sottoposta all’attenzione dei futuri genitori. Più della metà delle Regioni (11) ha dichiarato che ciò avviene dopo il parto, presso il Punto Nascita e prima di effettuare il prelievo dello spot ematico sul neonato, 5 Regioni comunicano l’informativa in occasione dei corsi di accompagnamento alla nascita (presso consultori o Punti Nascita), mentre solo 4 Regioni la diffondono sia prima del parto (durante i corsi di accompagnamento alla nascita) che dopo (nel momento del prelievo dello spot). Più della metà delle Regioni, inoltre, distribuisce l’informativa senza coinvolgere ginecologi, ostetriche e altri operatori del settore materno-infantile, e non prevede la traduzione dell’informativa dall’italiano nelle lingue straniere maggiormente presenti nel territorio regionale.
REGISTRARE IL DISSENSO
L’offerta dello SNE è garantita dal Servizio Sanitario Nazionale e la sua esecuzione non è vincolata all’acquisizione del consenso informato. I genitori possono però esprimere il proprio dissenso all’esecuzione dello screening obbligatorio: in questo caso è necessario che il Punto Nascita trascriva tale volontà sul modulo dell’informativa, che dovrà essere inserita nella cartella clinica del neonato. Su questo tema, le risposte fornite sembrano non evidenziare una presa di posizione netta: infatti, la metà dei rispondenti richiede il consenso informato per le malattie “previste” o “previste e non previste” nell’allegato del decreto ministeriale 13 ottobre 2016, e non registra sistematicamente il dissenso.
LA RACCOLTA DEGLI SPOT EMATICI
Relativamente alla raccolta degli spot ematici, la situazione risulta abbastanza omogenea e risponde ai dettami della normativa: sedici Regioni (l’80%) hanno dichiarato che il prelievo viene effettuato in tutti i neonati fra le 48 e le 72 ore di vita. Tuttavia, in quattro Regioni – Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Toscana – il prelievo avviene nei tempi previsti su tutti i neonati con l’eccezione di quelli nati con parto a domicilio.
I LABORATORI ATTIVI
Le Regioni devono assicurare a tutti i neonati i test di primo livello da effettuarsi in un laboratorio di screening neonatale, ma questi possono non essere necessariamente presenti nel territorio: ogni Regione può avvalersi di specifici accordi interregionali. Al 30 giugno 2019, vi erano, in totale, 15 laboratori di screening neonatale attivi in 13 Regioni. I 6 laboratori che hanno un bacino di utenza interregionale appartengono a Veneto (due laboratori), Lazio, Toscana, Piemonte e Puglia, ed effettuano lo screening anche per i neonati delle Regioni sprovviste di laboratorio. I restanti 9 hanno un bacino di utenza regionale e sono quelli di Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Sardegna e Sicilia.
GLI ACCORDI EXTRAREGIONALI
Le Regioni che non hanno attivato sul territorio un laboratorio di screening neonatale di primo livello, e che quindi hanno scelto di avvalersi di specifici accordi di collaborazione interregionali, sono 7. La Basilicata ha stipulato un’intesa con la Regione Puglia, il Friuli Venezia Giulia e la Provincia Autonoma di Trento hanno firmato un accordo con il Laboratorio di Padova, e la Provincia Autonoma di Bolzano ha affidato l’intero servizio al Centro Screening Neonatale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Integrata di Verona. Infine, l’Umbria si è accordata con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze, e la Valle d’Aosta con la Regione Piemonte.